difendono la legalità
difendono la legalità
I notai saranno pure ricchi, ma difendono la legalità
di Ugo Mattei *
E' riesplosa con virulenza in questi giorni la polemica sulle professioni legali e in particolare sul notariato latino, nuovamente oggetto delle attenzioni liberalizzatrici di Bersani in piena continuità con il Decreto sulla competitività di Siniscalco nel 2005.
Le domande che dobbiamo porci anche a sinistra di fronte a un tentativo di riforma che attacca aspetti profondi della nostra cultura giuridica sono due:
1. che cosa non ci piace e vogliamo cambiare ?
2. cui prodest il cambiamento?
1. Non ci piace che i notai, mandarini del diritto, guadagnino troppo grazie al loro monopolio. Dobbiamo però considerare che il notaio nel mondo romanista non è un semplice professionista privato. Il notariato è un' organizzazione professionale mista con forti tratti di pubblico. In ogni sistema giuridico l'organizzazione professionale stinge su molti aspetti del diritto sostanziale (diritti di proprietà) e processuale (accesso alla giustizia), sicché qualunque riforma in questo settore va condotta con cautela estrema e assoluta provvedutezza tecnica. Nella contrapposizione portante in occidente, quella fra common law anglo- americano e sistemi c.d. romanisti, cui si iscrive anche il nostro diritto, il notariato svolge da secoli un ruolo chiave. Esso rimedia efficacemente, secondo la massima meglio prevenire (ex ante) che curare (ex post) la tradizionale debolezza del giudiziario continentale. Nello svolgimento di questa funzione di prevenzione della lite e di delimitazione certa dei diritti proprietari il notariato raggiunge i contesti più marginali e periferici: esso è presente dal Mali al Perù. Sorprende perciò che un argomento tanto peregrino quanto l'assenza del notaio nel mondo angloamericano, dove le corti giudiziarie hanno ben altra efficacia e prestigio e ben diversi poteri, possa essere avanzato in sede politica e giornalistica a sostegno di significative riduzioni del monopolio professionale. Occorrerebbe che ci si rendesse conto che questo monopolio è in gran parte giustificato dalla funzione pubblica del notaio e dal fatto che questo tipo di funzione, se svolta male, finisce per travolgere un bene pubblico essenziale per la legalità quale la certezza del diritto. D'altra parte, se è vero che i notai guadagnano molto (proprio come giudici e avvocati nel mondo angloamericano), è anche vero che esiste una buona ragione istituzionale perché ciò avvenga. Il notaio deve essere incorruttibile, deve mantenere prestigio sociale e deve perciò avere molto, moltissimo da perdere qualora si faccia corrompere. Le indubbie difficoltà dell'accesso alla professione e l'utile attesa di un lungo periodo dallo svolgimento della stessa svolgono nella tradizione romanista questa funzione di «assicurazione sociale» contro la corruzione. Proprio come per i giudici di common law.
2. Il notariato, composto da circa 5 mila giuristi ha saputo organizzare un servizio pubblico, forse caro ma uniforme e di qualità, da Bolzano a Capo Passero. Ovunque sul territorio ci si può rivolgere a un notaio, a differenza che a un medico o a un avvocato, senza preoccupazione particolare di essere finiti nelle mani di un incapace, pagando più o meno la stessa tariffa. L'assenza della necessità di scegliere contribuisce alla pace dello spirito, un po' come quando un tempo, in regime di monopolio, non eravamo costretti a lavorare per gli oligopoli Telecom scegliendo il piano «più vantaggioso» per non sentirci gonzi.
Perché si vuole togliere oggi questa pace di spirito a chi comprando un immobile da 100 mila euro in molti casi sta conducendo l'operazione economica più importante della sua vita? Della mancanza di monopolio del notaio - come avvenuto in Inghilterra quando il modello Thatcher, seguito da Bersani, ha sottratto ai solicitors il monopolio del trasferimento immobiliare - ne approfittano gli oligopoli di banche e compagnie di assicurazione, veri nemici della legalità e dei controlli pubblici, che già pregustano il ricco mercato della title insurance che si apre di fronte a loro. Consegnare il controllo della legalità a questi soggetti è però come consegnare alla volpe il controllo del pollaio, perché nella migliore delle ipotesi sarà la cultura attuariale a sostituire quella giuridica, incentivando trasferimenti con un titolo di proprietà spurio quando l'accertamento sia troppo costoso per la banca o l' assicurazione. Il che significa per chi compra la casa (o l'automobile) che se cinque anni dopo salterà fuori il «vero» proprietario egli dovrà contentarsi di un risarcimento calcolato al momento dell'acquisto, con cui, dato l'andamento del mercato immobiliare, non si comprerà certo una casa uguale.
Del resto la battaglia contro il notariato è globale e viene condotta proprio in nome del libero mercato neo- liberista e sulle ali dell'americanizzazione del diritto dagli oligopoli transnazionali che godono per il crollo di un controllo professionale approfondito ex ante che in qualche modo ne limita la spregiudicatezza affaristica. Il che, in mancanza di un sistema efficace di Corti e con l' accesso alla giustizia civile che ci ritroviamo significa crollo della legalità. Ne vale la pena?
Di questo si discuterà a Moncalieri in occasione delle iniziative proposte dall'istituendo Collegio universitario internazionale (www.iuctorino.it) il 5 luglio in una tavola rotonda presieduta da Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, dal titolo «Il valore economico e sociale della sicurezza giuridica» cui parteciperanno l'avvocato Franzo Grande Stevens, il giurista Francesco Denozza, l'economista Francesco Pulitini e il notaio Paolo Piccoli.
UGO MATTEI
* ordinario di diritto civile, università di Torino e professore di diritto comparato università della California
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giovedì 18 ottobre 2007